Di cosa si tratta?

Il web è diventato una megalopoli senza quasi confini. Farsi trovare al suo interno è un’impresa impossibile se non si è costruita una bella insegna al neon che brilli più di quelle dei competitor. Indicizzare il proprio sito significa realizzare l’insegna, piazzarla ben in vista, comunicare al Tuttocittà virtuale (aka Google) la propria posizione, i propri servizi, i propri punti di forza e fare in modo che i passanti si fermino.

Il processo che permette tutto ciò si chiama SEO, che in inglese significa “Search Engine Optimization“, e in umanese “far sì che i motori di ricerca sappiano che esisti, fornir loro un indirizzo e un indice dei contenuti”. In altre parole, vuol dire usare le frasi e le immagini giuste, creare il metatesto più appropriato, cercare le parole chiave più coerenti, ma anche fare confronti con i tuoi rivali e antagonisti (benchmark) e capirne punti di forza (strenght) e debolezza (weakness).

Dall’altra parte, nessuno resterà sul tuo sito a lungo se le pagine si caricano lentamente o sono difficili da leggere sul cellulare. È dunque fondamentale ottimizzare la navigazione in tutti i suoi aspetti, rendendo i contenuti leggeri e l’impianto grafico responsivo (cioè fare in modo che si adatti al device e al browser utilizzati da ciascun utente).

Per completare un processo del genere ci vuole competenza e pazienza, bisogna essere in grado di mettere i puntini sulle i e non fare errori. Soprattutto va fatto al momento giusto e con gli strumenti più adatti.